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LA PINETA DI RAVENNA

La pineta di Ravenna è, a pieno titolo, patrimonio identitario della città, così come i mosaici e la figura di Dante Alighieri.

Chi non conosce la tradizione ravennate, che vede numerose comitive di parenti ed amici gioiosi e allegri, la giornata del 19 marzo, San Giuseppe, in mezzo alla natura? 

Con l’occasione si allestiscono pantagrueliche grigliate, annaffiate da buon sangiovese, che si concludono con ciambelloni e crostate o altri buonissimi dolci, preparati dalle “azdore”. 

Si gioca all’aperto: i più attivi con la palla e i più sedentari intorno al tavolo con le carte da gioco romagnole, per l’immancabile “beccaccino”.

UNA PINETA DA TUTELARE

Non tutti sanno che la prima legge italiana a tutela del paesaggio, agli inizi del Novecento, nasce proprio dal tentativo di salvaguardare la nostra pineta …

La pineta ravennate

L’artefice è il ravennate Luigi Rava, giurista e politico, che ricopre diversi incarichi di rilievo, fra il 1891 e il 1921: deputato, sottosegretario, ministro, senatore e perfino sindaco di Roma.

Dal 1902 al 1906 è il presidente nazionale della Società Dante Alighieri ed è proprio in questo periodo che elabora la legge 411 del 1905 “per la conservazione della Pineta di Ravenna”.

Si tratta di preservare il bene paesaggistico minacciato dal disboscamento selvaggio, dalla scarsa cura e dalle incombenti coltivazioni a risaia che si estendono nel territorio.

Il degrado ambientale, unito alla richiesta di abbattimento delle piante per ricavare terreno agricolo, mette in allarme i cultori dell’epoca, unitamente al ministro dell’agricoltura, proprio il nostro Rava. 

A lui si affianca Corrado Ricci, un illustre studioso ravennate, già soprintendente ai monumenti di Ravenna, che nello stesso anno pubblica un accorato appello affinché venga conservata la memoria storica e letteraria della pineta.

Ma per quale motivo vi è un interesse così profondo per mantenere intatta la pineta e quali sono questi riferimenti storici e letterari invocati dagli studiosi?

UN PO’ DI STORIA

La tradizione indica che l’origine della pineta ravennate sia da ricondurre all’età romana, per la presunta necessità di ottenere materiale per la costruzione delle navi ormeggiate presso il porto militare dell’imperatore Augusto.

Questa notizia non è confermata da alcuna fonte ma rimane comunque saldamente radicata nell’immaginario collettivo. Non ci si sottrae dal fascino dell’Impero Romano!

A partire dal Mille, le grandi abbazie di San Vitale, Santa Maria in Porto, Sant’Apollinare in Classe e San Giovanni Evangelista ampliano le pinete, concedendo anche ai cittadini di sfruttarne periodicamente le risorse.

La pineta ravennate

Nel 1774, lo studioso ravennate Francesco Ginanni descrive il bosco come «più celebre e il più ragguardevole dell’Italia, che ben fu conosciuto per un carattere distintivo di questa città».

La gestione dei territori forestali prosegue fino ad inizio 1800 quando, a causa delle soppressioni napoleoniche, le grandi abbazie devono cedere la proprietà delle pinete.

Alcune di queste vengono ridotte o addirittura abbattute. I pini superstiti diventano spesso materiale da ardere o da costruzione. Il rischio di scomparsa totale delle aree boschive è molto alto.

È questo il motivo per cui Luigi Rava e Corrado Ricci prendono a cuore la questione. 

LA PINETA COME FONTE DI ISPIRAZIONE

In particolare, non si vuole perdere un’importante testimonianza naturale, protagonista di alcune delle più considerevoli opere letterarie e pittoriche di autori italiani e stranieri.

Come dimenticare Dante Alighieri che nel XVIII canto del Purgatorio paragona la pineta di Classe alla foresta dell’Eden?

Versi come «la divina foresta spessa e viva” e «per cui le fonde, tremolando, pronte tutte quante piegavano a la parte» o ancora «tal qual di ramo in ramo si raccoglie, per la pineta in su ‘l lito di Chiassi, quand’Eolo scilocco fuor discioglie» ci trasportano subito con la mente in mezzo alla natura…

La pineta ravennate

Giovanni Boccaccio, uno dei primi biografi di Dante, viene a Ravenna per visitare i luoghi danteschi e raccogliere testimonianze sul Sommo Poeta.

Recandosi nella pineta di Classe trae ispirazione dal luogo, così compone l’ottava novella del Decamerone, dedicata a Nastagio degli Onesti.

I protagonisti sono i rampolli delle famiglie nobili ravennati del Duecento: gli Onesti, i Traversari e gli Anastagi e i loro amori crudeli e tragici, ma che porteranno a un lieto fine.

La novella è così celebre da stimolare il grande artista Sandro Botticelli, che realizza una serie di quattro pannelli, forse commissionati da Lorenzo il Magnifico, tre dei quali mostrano la nostra pineta rigogliosa con lo sfondo marino.

Oggi i dipinti si possono ammirare presso il Museo del Prado, a Madrid, e a Palazzo Pucci a Firenze.

AMORI E GRAND TOUR

Durante il suo soggiorno ravennate Lord George Gordon Byron trascorre molto tempo cavalcando nella pineta di Classe con la sua amata Teresa.

Il poeta inglese è un ammiratore di Dante e Boccaccio, così visita il bosco lasciandosi ispirare come i suoi illustri predecessori: «… Dolce ora del crepuscolo! … nella solitudine della Pineta…sulle rive silenziose cui circoscrive l’immemorabile foresta di Ravenna…».

Sapevate che la prima opera importante del letterato irlandese, Oscar Wilde – e che gli varrà un premio universitario – si intitola “Ravenna”? 

Durante uno dei suoi Grand Tour visita la cittadina romagnola e compone una poesia ricca di rimandi naturalistici fra cui: «… Dark olive-groves and noble forest-pines» (Scuri uliveti e nobili pinete).

I POETI DECADENTI E LA PINETA RAVENNATE

Giovanni Pascoli, nella sua opera “La Mirabile Visione” immagina Dante che scrive il suo capolavoro all’ombra dei pini ravennati.

Per il poeta romagnolo «La Divina Comedia è là, nella pineta di Chiassi. È là, ammirabile e venerabile come la tua basilica di Sant’Apollinare in Classe…».

Una delle liriche più apprezzate di Gabriele D’Annunzio è “La Pioggia Nel Pineto” scritta a Marina di Pietrasanta, nella Villa La Versiliana ma, occorre ricordare, subito dopo il secondo viaggio del Vate a Ravenna.

D’Annunzio “vive” direttamente la pineta ravennate quando, accompagnato da Eleonora Duse, soggiorna in un piccolo edificio presso le Aie di Classe.

In seguito, scrive a Corrado Ricci che «la signora Duse sta poco bene. Ella sconta amaramente l’estasi della Pineta». Forse è meglio non approfondire oltre…

Questi sono solo alcuni degli autori e degli artisti ammaliati dalle foreste ravennati, è un elenco non esaustivo ma significativo. 

Dopo questa lettura non avete il desiderio di visitare la pineta di Ravenna? E di vedere le pigne disseminate nei vari monumenti cittadini?

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