Come oggi, è domenica anche il 5 novembre di 79 anni fa. Una domenica di guerra, di bombardamenti e di disperazione.
È un giorno triste e doloroso per la popolazione di Porto Fuori ma rappresenta anche una perdita immane per il patrimonio storico artistico italiano.
Siamo nel 1944, nel pieno della guerra civile: un anno prima gli italiani hanno firmato l’armistizio a cui segue l’occupazione tedesca del territorio italiano.
Subito l’esercito del Reich costruisce una serie di linee fortificate – la più importante è la Linea Gotica – costituite da sbarramenti anticarro e bunker difensivi.
Lo racconto sempre durante i Bunker Tour, che svolgo in collaborazione con l’agenzia Riviera Experience e il blog CerviaeMilanoMarittima.org (info qui).
Tra agosto e settembre 1944 gli Alleati sfondano la Linea Gotica e proseguono verso la Pianura Padana, con l’apporto decisivo e fondamentale dei partigiani.
La tenace resistenza delle truppe tedesche e le cattive condizioni del tempo rallentano l’avanzata alleata e la guerra colpisce duramente la popolazione romagnola.
I tedeschi allagano i territori a sud di Ravenna, per ostacolare i carri armati nemici, e utilizzano i campanili delle chiese come luoghi di vedetta.
Di contro, l’aviazione alleata colpisce tutti i possibili obiettivi tattici utilizzati dai tedeschi: postazioni di artiglieria, gruppi di veicoli bellici e, naturalmente, punti di osservazione.
I PRIMI BOMBARDAMENTI
Già il 31 ottobre il paese di Porto Fuori, a soli 6 km da una delle linee difensive naziste, subisce due violenti bombardamenti dagli Inglesi-Americani.
“Il paese è quasi distrutto”, come scrive il parroco del paese, don Mario Mazzotti, per lo sgancio di 36 bombe da 500 libbre (227 Kg).
Purtroppo, si registrano anche tre morti tra i civili, i cosiddetti “effetti collaterali”: una definizione che ancora oggi fa inorridire.
Il resto della popolazione, con le case devastate, decide di trascorrere la notte all’interno del campanile della chiesa del paese, Santa Maria in Porto Fuori.
Nei giorni successivi molti abitanti del paese decidono di lasciare la località, pesantemente devastata e totalmente allagata dai tedeschi, per trasferirsi nelle campagne vicine.
Ospiti della solida struttura del campanile rimangono solo quattro famiglie, tra cui quella di Don Mazzotti, ovvero la madre e la zia.
Nel frattempo, continuano i bombardamenti degli Alleati nella campagna circostante: si colpisce più volte lo Zuccherificio di Classe, ritenuto luogo di osservazione dei nemici.
Per gli Alleati, anche il campanile di Porto Fuori è un probabile punto di esplorazione tedesco, quindi diventa un obiettivo da distruggere.
UN GIORNO TRAGICO
La mattina del 5 novembre 1944 alle sette, il parroco celebra la messa per i pochi abitanti rimasti, cioè gli occupanti del campanile.
Terminato il rito, Don Mazzotti inforca la sua bicicletta per portare conforto e la sua benedizione agli sfollati, trasferiti nelle campagne circostanti.
Intorno alle 9, con suo grande stupore, vede da lontano uno squadrone di aerei alleati che comincia un pesante bombardamento sulla chiesa e sul campanile.
Gli aerei sganciano 12 bombe da 500 libbre e sparano quasi mille colpi di mitragliatrice, lasciando dietro di sé non solo fumo e macerie.
Il campanile crolla sull’adiacente chiesa di Santa Maria in Porto Fuori e causa la distruzione pressoché totale dell’edificio.
Pertanto, perdono la vita nove persone, fra cui un ragazzo di 14 anni e due bimbi di 6 e 4 anni. Dei tedeschi… neanche l’ombra!
Le prime parole che il parroco scrive nel suo diario quotidiano, quel 5 novembre, recitano: “Forse la parola fine!”.
UN PATRIMONIO STORICO ARTISTICO PERDUTO
La perdita di vite umane innocenti è sempre straziante, lo pensiamo quotidianamente quando leggiamo o ascoltiamo le notizie che giungono dai fronti di guerra.
Anche la perdita del patrimonio storico-artistico è un fatto tragico. La nostra storia, la nostra memoria e la bellezza si cancellano inesorabilmente…
La chiesa di Santa Maria in Porto Fuori nasce nell’XI secolo e viene consacrata nel 1131 dall’arcivescovo Gualtiero.
Sempre nel XII secolo si compilano dei documenti che attestano lasciti per l’ampliamento del campanile, di cui non si conosce la data esatta di costruzione.
Nel 1314 si progetta l’ampliamento del coro della chiesa da parte dei Canonici portuensi, titolari del complesso.
Così, si edificano tre cappelle absidali gotiche, un nuovo soffitto a carena, il coro sopraelevato e il rosone in facciata.
L’APPARATO ICONOGRAFICO
La decorazione della chiesa è affidata alla scuola giottesca riminese, che vede in Pietro da Rimini il più illustre esponente (vedere articolo qui).
I raffinati affreschi, documentati da numerose foto consultabili presso la Fondazione Zeri (anche online), sono di inestimabile valore storico e artistico.
Sicuramente, l’apparato iconografico è sviluppato da un committente colto e potente, che lascia un messaggio politico ben preciso per l’epoca.
Sulle pareti della chiesa si possono vedere scene dell’Anticristo, che riflettono la situazione politica della prima metà del Trecento.
Le lotte fra il papato e l’imperatore, che caratterizzano le vicende politiche del periodo, diventano protagoniste del messaggio trasmesso sulle pareti del luogo sacro.
Tra le immagini sacre si possono scorgere allusioni esplicite alle manifestazioni di lealtà da parte della famiglia da Polenta nei confronti del papato avignonese.
Nell’arco trionfale vi è il Giudizio Universale con le Storie dell’Anticristo, mentre le pareti del presbiterio e del coro ospitano le Storie di Gesù e della Vergine.
Infine, le cappelle laterali sono rispettivamente decorate con le Storie di San Matteo e quelle di San Sisto II papa.
Di particolare suggestione sono le immagini della Strage degli Innocenti, che riflettono il pathos tipico della pittura giottesca.
Quindi, scene sacre e allusioni politiche in affreschi delicati ma sontuosi, attribuiti da alcuni critici allo stesso Pietro da Rimini.
Secondo altri studiosi, sono da ascrivere a un altro artista sconosciuto, denominato così Maestro di Santa Maria in Porto Fuori.
Le immagini in bianco e nero ci mostrano affreschi di incomparabile bellezza: immaginiamoli ancora intatti al loro posto, nella loro splendente delicatezza e maestosa sontuosità!
Dico sempre, con grande rammarico, che se fossero ancora esistenti potrebbero essere tranquillamente dichiarati il nono monumento ravennate riconosciuto Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco.
E invece… Dopo il crollo del campanile i pochi lacerti rimasti rimangono sotto le intemperie dell’inverno incombente.
LA NUOVA CHIESA
La nuova chiesa viene ricostruita e inaugurata il 14 aprile 1952, Lunedì di Pasqua, con otto frammenti malconci degli affreschi, recuperati dalle macerie.
Questi lacerti, però, oggi non si trovano più all’interno della chiesa, poiché trafugati nel 1993 e tuttora dispersi.
Perciò, dell’antica “Nostra Donna in sul lito adriano”, come scrive Dante Alighieri nella Divina Commedia (Paradiso, canto XXI, v. 123) rimane molto poco.
Dentro la chiesa è ancora conservato il sarcofago del V secolo di Pietro degli Onesti, detto il Peccatore, estratto integro dalle macerie del bombardamento.
Il bassorilievo di origine bizantina, raffigurante la Madonna Greca, si trova già da secoli presso la chiesa di Santa Maria in Porto, in città.
Il meraviglioso dipinto di Ercole de’ Roberti, la pala di Santa Maria in Porto, realizzato nel XV secolo, è esposto presso la Pinacoteca di Brera.
Ma di queste tre opere d’arte preferisco parlarne più dettagliatamente in uno dei prossimi articoli.
Per oggi, 5 novembre, anniversario di una data fatidica e tragica, preferisco riflettere sulle assurdità, il dolore e le distruzioni portati dalle guerre…
Sempre bello imparare la storia del nostro territorio, si percepisce la passione con la quale gli argomenti vengono trattati, grazie!
Grazie Paola,
mi fa piacere che il mio lavoro venga apprezzato.
La passione non manca!
Bellissima ricostruzione di un momento storico poco noto a molti
Queste “perle” di conoscenza ci arricchiscono sempre
Restiamo in attesa dei prossimi articoli sulle opere d’arte
Grazie Serena!
Grazie Daniela,
gli articoli sulle opere sono già “in cantiere”!
A presto 😉
Serena